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Intervento Psiconcologico in Istituzione

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Studio prospettico monoistituzionale sulla valutazione dell’efficacia di un intervento psiconcologico (Ipo) specialistico contestualmente alla comunicazione della diagnosi  di neoplasia

 C. Lurati, M. Riva,  R. Resega, C. Mantica, M. Garassino, P. Sburlati, N. La Verde,  M. Cinquini,  C. Mencacci and G. Farina

Supportive Care in Cancer March 2012, Volume 20, Issue 3, pp 475-481

(abstract)

 

Background

 

L’insorgenza della patologia oncologica interviene nella vita di un soggetto modificandone sia l’equilibrio fisico sia quello psicologico; in particolare, le reazioni alla diagnosi di tumore e – alla proposta terapeutica – inducono variazioni nel sistema psichico del paziente. L’importanza di queste modificazioni può configurarsi sotto forma di una sintomatologia psichiatrica e richiedere, di conseguenza, interventi di tipo farmacologico e/o psicoterapeutico.

Molti autori(Mehnert et al., 2007, Mishra et al., 2006, Tatsuo et al., 2004, Stark et al., 2002,  Alter et al., 1996, Cordova et al., 1995, Glover et al., 1995, Friedman  et al., 1994, Jenkins et al., 1991) hanno evidenziato la presenza di sintomi e/o disturbi psichiatrici  nei pazienti oncologici. Sebbene questi lavori mostrino alcune differenze significative nel numero dei pazienti oncologici con un disagio psichico, in parte riconducibili al disegno degli studi ed alla variabilità tra i campioni considerati, é opinione  condivisa che il 25-55% dei – pazienti neoplastici – (Gil Moncayo et al., 2008, Bellani et al., 2002, Breitbart, 1995) presenti un’incidenza di disturbi psichiatrici – nettamente superiore alla media generale della popolazione -.

Le diagnosi maggiormente rappresentate, secondo i criteri del DSM-IV (APA, 1994) sono: 1) disturbi dell’umore (31%), suddivisi in disturbo dell’adattamento con aspetti depressivi puri o misti ansioso-depressivi (25%) e disturbi affettivi maggiori (6%),  2)  disturbi d’ansia (4%) -3) disturbi della personalità ed abuso di sostanze (3%).

Altri studi sottolineano l’elevata frequenza (35%) di un disturbo post traumatico da stress (PTSD)soprattutto nei pazienti valutati al termine delle terapie (al termine della somministrazione della chemioterapia)- – (Jacobsen et al., 2002, MacFarlane et al., 1992); – l’incidenza di una sindrome parziale di PTSD (pensieri intrusivi secondo la scala IES) – può -arrivare fino all’80%. –

L’incidenza di questi dati unita alle evidenze che mostrano una progressiva e –duratura riduzione della sintomatologia nei casi in cui i quadri psicopatologici vengano correttamente ed adeguatamente diagnosticati e trattati (Cazzaniga, 2005, Green et al., 2000, Davis-Ali et al., 1993, Kornblith et al., 1990), porta in primo piano l’importanza degli interventi psicoterapeutici –per questi pazienti.

In psiconcologia gli approcci terapeutici maggiormente utilizzati sono differenti. Tra questi troviamo gli interventi cognitivo-comportamentali, che hanno come assunto l’elaborazione di una rappresentazione mentale della realtà, da cui dipendono le successive reazioni. Il presupposto di base é che il cambiamento di comportamenti patologici passi attraverso un processo precipuamente cognitivo (Galeazzi & Meazzini, 2004, Borgo et al, 2001).

Un secondo gruppo di interventi psicoterapeutici ha come riferimento la teoria sistemico-relazionale, che si fonda sull’assunto  che il paziente è  membro di un sistema e che, con il proprio disagio, esprime o segnala il funzionamento disfunzionale di uno o più dei sistemi di cui egli è uno dei vertici (Boscolo & Bertrando, 1995, Bateson, 1972). Tale membro è “designato” dal sistema stesso, secondo una prospettiva bio-psico-sociale, in quanto soggetto che esprime una modalità disfunzionale di vivere, pensare, agire. In questa ottica, le tecniche che si utilizzano hanno per obiettivo la modificazione delle regole del sistema, ovvero la modificazione delle modalità di comunicazione e di interazione tra i membri (Gritti & Di Caprio, 2006).

Un altro interessante approccio è rappresentato dalle psicoterapie psicoanalitiche, che individuano l’origine dei sintomi in una conflittualità inconscia nella mente del paziente (McWilliams, 2006). La comparsa della malattia tumorale può provocare crisi emotive (ansiose e/o depressive) connesse all’angoscia di morte e al senso di perdita di una condizione precedente. L’intervento psicoanalitico prevede, con una risignificazione ed elaborazione dei vissuti emotivi del paziente, la possibilità di riappropriarsi della propria capacità di pensare da un punto di vista emozionale e non prettamente cognitivo. La verbalizzazione delle emozioni e la ricerca di nessi interni tra i fatti oncologici e la storia del paziente (anche quella pregressa la malattia), costituiscono il lavoro psicoanalitico che si sviluppa mediante una co-costruzione tra paziente e terapeuta, in assenza di un focus prestabilito (Ogden, 2008, Bion, 1962). L’approccio psicoanalitico infatti non è caratterizzato da tranches sequenziali di intervento, poiché aperto e disponibile alle variazioni emotive emergenti nel paziente ad ogni incontro con il terapeuta. La finalità non è infatti quella di risolvere un problema specifico dell’hic et nunc ma aiutare il paziente alla costruzione di un punto di vista più ampio e profondo, che gli permetta una comprensione degli stati emotivi e delle rappresentazioni mentali, anche non in relazione diretta e univoca con l’evento scatenante.

Metodi

Sono stati valutati prospetticamente tutti i nuovi pazienti consecutivi  presi in carico dall’Unità di Oncologia e Chemioterapia dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano – dal gennaio 2005 fino al settembre 2008.

Al termine della prima visita oncologica, ai pazienti veniva illustrata la presenza di un Servizio gratuito di Psicooncologia all’interno della Divisione e proposta dall’oncologo, su sua discrezione, la possibilità di un colloquio di consultazione con uno dei due psicoterapeuti disponibili del Servizio di Psiconocologia.

I pazienti che accettavano la proposta sostenevano un colloquio della durata di 45 minuti per valutare, secondo il modello dell’intervista strutturata del DSM IV (APA, 1994), la presenza di una sintomatologia che deponesse per un Disturbo depressivo e/o un Disturbo d’ansia oltre che la presenza di  eventuali indicatori di un Disturbo post-traumatico da stress od eventuali altre configurazioni psicopatologiche.

Durante il primo colloquio (T0), ai pazienti veniva inoltre somministrata una scala di autovalutazione, la Hospital Anxiety and Depression Scale (Zigmond & Snaith, 1983). Al termine del colloquio, sulla base dei dati raccolti e sull’eventuale bisogno/motivazione espressi direttamente dal paziente, lo psicoterapeuta aveva la possibilità di proporre: 1) la presa in carico per una psicoterapia breve, 2) un intervento psico-farmacologico in collaborazione con lo psichiatra di riferimento del Servizio, 3) un trattamento integrato (1 e 2) oppure 4) nessun intervento.

I pazienti -candidati al trattamento psicoterapico sono stati seguiti dallo stesso terapeuta che aveva condotto la consultazione. La psicoterapia ad orientamento psicoanalitico prevedeva 8 incontri con una frequenza quindicinale. Ogni seduta aveva la durata di 45 minuti durante i quali il paziente aveva la possibilità di portare qualunque materiale psichico desiderasse, senza l’indicazione di un focus  specifico che riguardasse il tumore o le terapie oncologiche.

I colloqui si sono svolti nello studio del Servizio di Psiconcologia situato all’interno dell’Unità di Oncologia. La stanza era collocata in modo da garantire la privacy ed un ambiente tranquillo e arredata in modo che il terapeuta ed il paziente si trovassero seduti uno di fronte all’altro senza che ci fosse tra loro la presenza della scrivania, così da favorire un maggiore contatto.

Al termine degli 8 incontri é stata    ri-somministrata (T1) la scala di autovalutazione HADS e valutata l’efficacia della psicoterapia in base ad indicatori clinici concordati. Tali indicatori erano le variazioni nei punteggi della HADS tra T0 e T1, e la valutazione dello psicoterapeuta riguardo all’andamento del processo terapeutico e della capacità di pensare sviluppata o riavviata in quel particolare paziente. Con capacità di pensare si intendeva in questo specifico contesto la possibilità per il paziente di 1) nominare, elaborare e trasformare psichicamente argomenti legati alla malattia, 2) acquisire una flessibilità di pensiero che modifichi le emozioni e le rappresentazioni mentali intrusive altamente disturbanti, 3) intervenire sul piano delle relazioni interpersonali significative, rese disfunzionali dall’evento malattia, arrivando a strutturare nuovi equilibri e forme comunicative più adeguate, ed, infine, 4) ridurre la presenza di una sintomatologia psicopatologica.

Sono inoltre state considerate le valutazioni soggettive dei pazienti riguardo gli effetti del trattamento e l’eventuale variazione nell’intensità e disfunzionalità dei disturbi presenti all’inizio del trattamento.

Risultati

Dal gennaio 2005 al settembre 2008- sono stati presi in carico dalla Divisione — di Oncologia Dell’ Ospedale Fatebenefratelli 2188 nuovi pazienti; di questi ne sono sono afferiti al Servizio di Psiconcologia 318. Il primo colloquio di consultazione ha evidenziato in 171 (54%) di essi la presenza di sintomi psichiatrici. Il campione effettivo sul quale sono stati valutati gli effetti degli interventi psicoterapeutici si é ridotto a 126 (40%) pazienti, di cui di 90 sono disponibili gli HADS alla diagnosi e al termine dell’IPO. Infatti 22 (13%) di essi hanno rifiutato la psicoterapia, 17 (10%) hanno messo in atto un drop-out dopo mediamente 2 sedute mentre 6 (4%) sono deceduti nel corso del trattamento.

I 126 pazienti arruolati per lo studio erano suddivisi in 81 femmine (64%) e 45 maschi (36%) con un’età mediana di 59 anni (range 24-80).

Le diagnosi oncologiche del campione considerato (vedi tab.1)erano suddivise in: tumore alla mammella (38%) , tumore del Colon-retto (12%), utero ed ovaio (9%), polmone (5%), pancreas/fegato (4%), altre diagnosi (32%) (tabelle)

I punteggi dell’HADS a T0 mostravano dei valori medi suddivisi in 15,26 per la depressione (d.s.=3,21) e 13,86 per l’ansia (d.s.=2,05). Di questi pazienti, 18 (14%) hanno ottenuto un punteggio globale dell’HADS che non raggiungeva la soglia di psicopatologia (pti.< 15) ma la valutazione più approfondita attraverso l’intervista secondo i criteri del DSM-IV e la scala IES ha rilevato indicatori di ansia, depressione o PTSD  oltre i valori soglia.( vedi graf.1) Nella rimanente parte del campione, composta da 108 pazienti (76%), il punteggio HADS risultava in accordo con la valutazione dello psicoterapeuta sebbene quest’ultima tendesse a rilevare una maggiore intensità dei sintomi psicopatologici.

Le diagnosi psichiatriche rilevate nel campione (vedi tab2) sono state: 1) Disturbi dell’umore in 43 pazienti(34%), suddivisi in disturbo dell’adattamento con aspetti depressivi puri o misti ansioso-depressivi in 32 di essi(25%) e disturbi affettivi maggiori in 11 (9%),  2) Disturbi d’ansia in 28 pazienti (22%), 3) Disturbo Post-Traumatico da stress in 10 pazienti (8%) e Disturbi di  personalità in 6 (5%), mentre i restanti 39 pazienti(31%) – rientravano sotto altre diagnosi.

Rispetto alla valutazione clinica del terapeuta a T0, le dinamiche patologiche maggiormente evidenziate nel campione all’inizio del trattamento riguardavano presenza o co-presenza di idee intrusive relative alla malattia ed alla morte (69%), cristallizzazione del pensiero su pensieri pessimistici relativi ad esami e terapie (54%), senso di solitudine e di isolamento dal contesto sociale e famigliare (48%), ambivalenza rispetto al desiderio di conoscere i particolari della malattia e del trattamento e l’effettiva richiesta di informazioni (25%), perdita di senso rispetto al futuro e senso di immobilizzazione in un presente statico (61%).

La ri-somministrazione al termine della psicoterapia (T1) ha mostrato valori medi nel punteggio dell’HADS di 5,94 per la depressione (d.s.=3,11) e 6,58 per l’ansia (d.s.=2,88).

La valutazione del terapeuta a T1 degli indici concordati per la capacità di pensare ha mostrato la presenza nel campione  di livelli considerati psicopatologici di idee intrusive relative alla malattia ed alla morte (18%), cristallizzazione del pensiero su pensieri pessimistici relativi ad esami e terapie (26%), senso di solitudine e di isolamento dal contesto sociale e famigliare (12%), ambivalenza rispetto al desiderio di conoscere i particolari della malattia e del trattamento e l’effettiva richiesta di informazioni (9%), perdita di senso rispetto al futuro e senso di immobilizzazione in un presente statico (17%).

Infine, la valutazione soggettiva dei pazienti circa l’efficacia del trattamento ha evidenziato che l’82% dei pazienti dava una valutazione positiva , il 16% valutava il trattamento “ininfluente” mentre – il 2% del campione riferiva che lo stato di disagio era peggiorato dall’inizio del trattamento.

 

TAB 1

Diagnosi Oncologiche
Mammella 38%
Clonon-retto 12%
Utero e Ovaio 9%
Polmone 5%
Pancreas-Fegato 4%
Altre Diagnosi 32%

 

Grafico 1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tab.2

 

Diagnosi Psichiatriche
Disturbi dell’adattamento 25%
Disturbi affettivi maggiori 9%
Disturbi d’ansia 22%
PTSD 8%
Disturbi di personalità 6%
Altre diagnosi 31%

 

 

Discussione

Numerosi approcci psicoterapeutici hanno dimostrato di essere efficaci -nel diminuire l’ansia e la depressione nei pazienti oncologici al momento della crisi.

L’aspetto innovativo di questo studio è –il fatto che la valutazione dello psicoterapeuta contestuale alla diagnosi oncologica può evidenziare quadri patologici nascosti, che all’oncologo nel contesto della visita possono sfuggire. Tali quadri non valutati in tempo utile potrebbero evolvere in forme più severe, portando il paziente a scompensi emotivi connessi con le terapie e la malattia e di difficile trattamento.

Sulla base di questa considerazione tale studio porta a definire che un intervento immediato, mediante l’approccio psicoanalitico, riduce in maniera significativa i rischi di un’evoluzione negativa, consentendo il –riequilibrio di situazioni già patologiche; – i pazienti che mostravano livelli patologici di ansia e depressione oltre che un blocco nella capacità di pensare, in tempi relativamente brevi (8 incontri a frequenza quindicinale) hanno avuto una diminuzione statisticamente significativa della sintomatologia.

La psicoterapia ha anche mostrato un effetto positivo sulla possibilità per i pazienti di trovare un nuovo assetto relazionale con le persone significative tale da includere l’evento malattia. Ciò ha portato alla diminuzione dei vissuti di isolamento o del timore di gravare eccessivamente sulle persone del proprio contesto famigliare. La maggior capacità comunicativa, associata alla diminuzione dei livelli di ansia, ha anche consentito ad un numero significativo di pazienti di migliorare il rapporto con i medici, sviluppando la capacità richiedere più informazioni e spiegazioni riguardanti la malattia. L’indice che sembra essere stato meno influenzato dall’intervento psicologico era l’ansia legata ai controlli oncologici periodici.

Abbia ritenuto importante, anche se non quantificabile in modo oggettivo, la valutazione finale dello psicoterapeuta, basata essenzialmente sulla riduzione della sintomatologia ansioso-depressiva, sul miglioramento della qualità di vita e della compliance con i trattamenti e sulla sua riattivazione del pensiero. Gli indici clinici del funzionamento psicologico valutati dallo psicoterapeuta hanno mostrato variazioni più articolate. Nello specifico, le variazioni più significative hanno riguardato la presenza di idee intrusive, di angosce di morte connesse alla diagnosi ed alla prognosi – e del vissuto di attesa e perdita di senso. Riteniamo che questo sia riconducibile alla rimobilitazione della capacità dei pazienti di nominare, pensare e creare legami associativi tra eventi, emozioni e vissuti che il trauma oncologico aveva momentaneamente bloccato, provocando di conseguenza l’emergere di formazioni patologiche in forma condensata di depressione e/o ansia.

L’approccio psicoanalitico, da noi utilizzato, parte dal presupposto che il soggetto abbia dei conflitti inconsci e che la malattia oncologica in qualche modo possa alterare un equilibrio precedente. Sulla base di questa considerazione tale approccio -prevede una co-costruzione con il paziente dei significati emotivi connessi alla malattia. Tuttavia, poiché non è previsto un focus specifico di orientamento, attraverso libere associazioni il paziente può spaziare in – ambiti diversi dalla malattia oncologica – – permettendo al terapeuta di cogliere le modalità emotive, relazionali, cognitive e comportamentali che l’individuo è solito utilizzare. Il malato oncologico è -innanzitutto- una persona- con la sua storia pregressa e – le sue relazioni, in cui la malattia è una delle parti della sua vita, ma non il tutto. All’interno tuttavia di questo percorso, rimangono –in secondo piano – quegli aspetti pratici, suggerimenti, consigli e indicazioni, – su cui altri approcci, come quello comportamentale, si basano.

 

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